CNR: MICROINQUINANTI RESISTENTI A DEPURAZIONE ACQUE

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La depurazione delle acque non funziona del tutto correttamente, almeno su alcuni tipi di piccolissimi inquinanti.

Nelle acque reflue vengono rilasciati in gran quantità una serie di nuovi microinquinanti che gli impianti di depurazione non riescono a rimuovere in quanto non dispongono di alcun trattamento specifico. L’Istituto per lo studio degli ecosistemi del Consiglio nazionale delle ricerche (Ise-Cnr) di Verbania Pallanza ha intrapreso una ricerca al fine di sviluppare sistemi di trattamento efficienti, coordinata dal Gruppo di ecologia microbica (Meg) dell’Ise-Cnr in collaborazione con Università di Mons (Belgio) e Acqua Novara.Vco. I risultati sono pubblicati sulla rivista Water Research.

La scoperta dimostra la presenza di nuovi micro-inquinanti: nelle acque reflue delle città ci sarebbero “geni di resistenza ai metalli pesanti e agli antibiotici che i sistemi di depurazione non riescono a rimuovere, con il rischio che si diffondano nell’ambiente”. La ricerca potrà permettere di progettare sistemi di trattamento più efficaci.

“Abbiamo dimostrato come all’interno di impianti di depurazione, anche molto diversi, ci sia una presenza concomitante di geni di resistenza ai metalli pesanti e ad antibiotici di uso comune in medicina umana e veterinaria. Questo potrebbe determinare la diffusione dell’antibiotico resistente in ambiente attraverso i reflui trattati, a seguito di una pressione selettiva esercitata dai metalli stessi nei sistemi di trattamento, che può portare ad una coselezione di geni di resistenza agli antibiotici”, spiega Gianluca Corno, coordinatore della ricerca e ricercatore Ise-Cnr. “La diffusione di geni di resistenza agli antibiotici in ambiente può causare lo sviluppo di comunità batteriche resistenti in natura, e quindi la permanenza della resistenza per tempi lunghissimi, con il rischio, in aree antropizzate, di trasmissione della stessa a patogeni umani. I sistemi di depurazione delle acque sono progettati per eliminare efficacemente una serie di inquinanti di natura chimica e microbiologica (fosforo, metalli, batteri di origine fecale) ma per i nuovi microinquinanti, rilasciati nei reflui urbani, non ci sono ancora processi specifici di smaltimento”.

L’immissione in ambiente di questi geni e batteri resistenti agli antibiotici attraverso i reflui urbani, industriali e di produzioni zootecniche non viene considerata dalla legislazione attuale. “Molte nazioni e l’Ue stanno però lavorando alla definizione di limiti, che imporranno una diversa progettazione dei sistemi di trattamento, che dovrà anche tener conto dei potenziali rischi di coselezione dei geni stessi in impianto. La nostra ricerca ha coinvolto i tre impianti di depurazione di Novara, Verbania e Cannobio, un esempio di cooperazione con il territorio che può consentire lo svolgimento e la pubblicazione di ricerche a livello internazionale”, conclude Corno.

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