L’evoluzione ha programmato l’essere umano per essere consapevole dell’ambiente che lo circonda e delle possibili fonti di pericolo anche grazie al proprio udito e ai suoni che percepisce.
Il rumore è l’insieme dei suoni involontari che il nostro orecchio riesce a percepire e nonostante l’abilità di misurare precisamente a che livello di rumore siamo esposti, l’inquinamento dovuto a tal fenomeno è un rischio che viene molto spesso trascurato.
Sebbene con il tempo le persone tendono ad abituarsi all’esposizione acustica, il grado di abituazione differisce da individuo ad individuo e soprattutto non è mai completo, se l’esposizione è cronica ed eccede determinati livelli allora è possibile osservare fenomeni avversi sulla salute di chi ne è soggetto.
Questo fenomeno è maggiormente osservabile nei contesti professionali, i primi effetti sulla salute dell’inquinamento acustico, infatti, sono stati studiati nelle tessiture, dove la perdita dell’udito dei lavoratori è stata riconosciuta come indotta dal forte rumore prodotto dai macchinari presente negli ambienti. (leggi qua per scoprire di più)
I ricercatori hanno associato questo fenomeno anche ad una serie di altri effetti e patologie di carattere non uditivo, includendo:
irritabilità,
spossatezza,
ipertensione,
difficoltà di comunicazione,
disturbi del sonno,
malattie cardiovascolari,
compromissione delle abilità cognitive nei bambini.
La perdita dell’udito causata dall’esposizione professionale al rumore è molto diffusa e costituisce una minaccia per la salute pubblica che necessita di strategie preventive e terapeutiche, questi fattori sottolineano la necessità di regolare e ridurre l’esposizione al rumore ambientale (idealmente alla fonte) e/o d’imporre limiti di esposizione mediante anche dispositivi di protezione per mitigare le conseguenze negative per la salute dell’esposizione cronica al rumore.
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Articolo di Lorenzo Pieraccini