Il rapporto annuale dell’INAIL contiene risultati non confortanti sulla lotta agli infortuni sui luoghi di lavoro in itinere. I dati parlano chiaro: +29% nel confronto con l’anno precedente.
Se da una parte questi dati devono far riflettere le istituzioni, dall’altra è fondamentale che il concetto di “educazione alla sicurezza” entri nelle nostre vite in modo più netto e decisivo, a partire dai piccoli accorgimenti quotidiani.
Sicuramente il ricorso massiccio allo smartworking durante il periodo di picco della pandemia Covid-19 ha portato ad avere dati più bassi durante gli ultimi 2 anni, però questo aumento così netto nel periodo post emergenza sanitaria deve accendere un campanello di allarme sulle nostre azioni quotidiane.
Un esempio è l’infortunio in itinere capitato alla signora V. in un giorno d’estate, un caso tanto banale quanto dimostrativo.
La signora si stava recando a lavoro a piedi percorrendo la strada di ogni giorno; sul marciapiede erano però parcheggiati motorini e biciclette che ostacolavano il passaggio. In più, il pavimento era bagnato per la pioggia. Questo ha portato la protagonista del racconto a scivolare ed a cadere a terra.
La caduta le ha provocato una lussazione dell’osso sacro con conseguente certificato medico per 10 giorni di assenza da lavoro.
L’INAIL tutela il lavoratore anche durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione al luogo di lavoro, però è necessario che ognuno di noi lavori sui gesti quotidiani che fanno la differenza: il caso raccontato pone l’accento sulle azioni che indirettamente incidono sugli altri. Un altro esempio è l’attenzione alla scelta delle scarpe per andare a lavoro, affinché siano sicure e non scivolose nel caso di tragitti a piedi.
La “cultura della sicurezza” è un concetto complesso. Ma in termini di azioni che ognuno di noi compie, se tutti usassimo dei piccoli accorgimenti quotidiani, l’impatto sarebbe significativo.
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Articolo di Francesca Pedone