Buongiorno: mi chiamo Fabrizio Greco e lavoro alla divisione formazione di Sfera Ingegneria. Da molti anni mi occupo di formazione professionale e formazione continua sul luogo di lavoro e, come altri miei colleghi, sono qui a raccontare la mia idea di lavoro sano.
Credo che per formulare un’opinione in merito a questa annosa questione sia necessario innanzitutto avere ben chiaro il significato di questa parola: lavoro. Sulla bocca di tutti ogni giorno impegna la maggior parte del nostro tempo diurno, influenzando in maniera sensibile il nostro modo di essere e la nostra vita, ma spesso ci dimentichiamo cosa rappresenta veramente.
Il lavoro è un costrutto culturale dell’uomo nato allo scopo di occupare il proprio tempo al fine di soddisfare le proprie necessità o di ottenere un guadagno in termini economici. L’etimologia del termine riporta al latino labor ovvero “fatica”, “sforzo”. Come possiamo pensare di rendere sana e piacevole un’attività che per sua stessa natura è faticosa, imposta e occupa la maggior parte del nostro tempo?
Adesso vi racconterò il mito di Pandora e vi renderò nota la mia idea di lavoro sano e, in parte, piacevole.
Pandora era la bellissima fanciulla creata per volere di Zeus al fine di punire gli uomini, ai quali Prometeo aveva donato il fuoco e le arti. Con il fuoco Prometeo aveva elargito agli uomini la Tekné, la tecnica con cui poter dominare e trasformare la natura e dare inizio al progresso e alla civilizzazione. Ma Zeus, adirato con Prometeo per il furto del fuoco, consegnò a Pandora uno scrigno contenente tutti i mali del mondo. Pandora simboleggia la condanna dell’uomo a dover lavorare per sopravvivere: come racconta Esiodo “perché tutti gli abitanti dell’Olimpo l’avevano portata in dono, sciagura agli uomini laboriosi”. Pandora aprì lo scrigno e condannò così il genere umano a faticare per sempre lavorando.
Ma l’essenza del lavoro e del “fare” sta anche nella capacità dell’uomo di trasformare la natura a proprio piacimento, al fine di soddisfare i propri bisogni. Vincere la resistenza della materia, imprimere a essa nuove forme: per fare ciò si apprendono nuove tecniche, si apprendono conoscenze e capacità che stimolano la nostra curiosità e il nostro interesse, così alla lunga il piacere di fare la vince sulla fatica di produrre, e il lavoro, se pure non cessa di essere un peso, trova soddisfazione nella pienezza del risultato.
L’essere umano può dunque trovare soddisfazione nella realizzazione della propria opera, compiacendosi del lavoro delle proprie mani – o del proprio intelletto – delle proprie capacità e del proprio “saper fare”. Questa è la mia idea di lavoro sano: se le imprese riuscissero a mettere in atto un modello di questo tipo (partendo dai vertici delle organizzazioni ovviamente) il lavoro sarebbe sicuramente più “sano” per tutti o, almeno, un fardello molto più piccolo.