L’esposizione ad agenti chimici nel settore metalmeccanico: polveri, oli e fumi

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All’interno delle aziende spesso l’esposizione a rischio chimico è sottovalutata in quanto meno percepibile direttamente rispetto ad un infortunio. L’esposizione prolungata nel tempo può tuttavia comportare l’insorgenza di malattie professionali nei lavoratori. Questi rischi sono presenti anche in comparti, come quello metalmeccanico, dove generalmente i cicli produttivi sono semplici e si parte spesso da materie prime che possono essere metalli in vari formati, con lavorazioni che comportano, ad esempio, taglio, piegatura, foratura, pressatura, levigatura, operazioni di torneria.

 

 

Le tipologie di sostanze a cui si può essere esposti variano notevolmente in base alla tipologia di lavorazione:

– “polveri generiche da molatura e/o levigatura, pulitura, satinatura;

– polveri irritanti nel caso di verniciature epossidiche (a polveri);

– polveri respirabili, silice libera cristallina;

– nebbie di oli minerali (emulsionati e non);

– fumi di saldatura (vari componenti);

– vapori di solventi (da verniciatura, lavaggi al solvente, incollaggi);

– isocianati (ad es. MDI) in operazioni di schiumatura, o verniciatura o incollaggio con prodotti a due componenti”.

Ci soffermiamo in particolare sulle polveri, ad esempio polveri (generiche) inalabili “provenienti da operazioni di, movimentazione materiali polverosi, levigatura, pulitura, satinatura, ecc.

E se in genere le polveri sono formate da costituenti privi di particolari effetti tossicologici, vi possono essere anche costituenti metallici.

Ad esempio “nel caso della pulitura di semilavorati in ottone provenienti dalla fonderia è necessario analizzare la polvere inalabile campionata per la determinazione di vari metalli: rame e zinco (in primis) e nichel, piombo e manganese (come costituenti presenti in tracce)”.

 

 

Nelle polveri inalabili può essere presente anche il nichel: “una esposizione di questo tipo si può avere nelle lavorazioni per la sinterizzazione di ingranaggi metallici a base di nichel (per l’industria automobilistica). Anche in questo caso è necessaria la speciazione delle polveri per la ricerca del metallo, ma non solo.

Veniamo agli oli minerali. che si distinguono in interi ed emulsionabili ed hanno una composizione estremamente varia. Infatti “oltre all’olio base, di derivazione sintetica o minerale, sono aggiunti vari additivi con funzione antiusura, antiossidante, antiruggine, antibatterica, fungicida, antischiuma, antinebbia, ecc”.

L’autore si sofferma poi sulle nebbie di oli minerali, un rischio “tipico dell’ industria metalmeccanica in quanto gli oli sono utilizzati ampiamente in funzione lubrificante e refrigerante (attrito e sviluppo di calore) su tutte le macchine operatrici ed i centri di lavoro”.

Concludiamo questa breve disamina sui rischi chimici parlando dei fumi di saldatura che costituiscono un rischio di tipo complesso.

Infatti “in questi fumi possono essere presenti vari componenti sia allo stato gassoso che allo stato solido (particolato di varie dimensioni, particelle ultrafini – nanoparticelle, polveri inalabili, polveri respirabili)”.

 

 

In particolare le sostanze presenti nei fumi possono essere:

– “gas prodotti dalla combustione dell’aria e/o di eventuali impurezze di tipo organico, come ad esempio tracce di oli minerali: ossidi di azoto, monossido e di ossido di carbonio, ozono, fluoro gas, acido fluoridrico, aldeidi a basso PM, altro;

– metalli ed ossidi presenti nei manufatti da saldare, nei costituenti degli elettrodi, nei metalli d’apporto (barrette, filo, ecc.). Quali ad esempio: ferro, manganese, rame, zinco, nichel, cromo, cadmio, argento”.

È inoltre noto che nell’ambito della saldatura “si generano particelle ultrafini (prevalenti in termini di numero le particelle con diametri medi nel range 36 – 64 nm; mentre in termini di peso sono prevalenti le particelle con diametri compresi fra 100 – 200 nm): queste particelle si generano anche in fasi di taglio al plasma o con il raggio laser; le particelle ultrafini contenenti ad esempio zinco, cadmio e rame, sembrano essere responsabili delle febbri da fumi”.

 

 

In ogni caso se le reali mansioni degli addetti presuppongono reali esposizioni a fattori di rischio chimico:

– sarà necessaria una accurata indagine ambientale;

– tale indagine servirà in ogni caso a verificare se i sistemi di prevenzione primaria sono efficienti;

– infine un adeguato monitoraggio biologico fornirà dei dati complementari all’indagine ambientale al fine di dare un quadro esauriente della situazione.

 

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