Nonni pratesi: i disturbi dietro il settore tessile.

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Tra pochi giorni si celebrerà la Giornata Mondiale della Salute, istituita per ricordare la fondazione dell’OMS avvenuta il 7 aprile 1948.

In questa giornata, è importante parlare della stretta correlazione tra il settore tessile – molto presente nel vicino comune di Prato – e i danni provocati alla salute dei lavoratori.

In particolar modo, in questo settore, il maggior numero di malattie indennizzate dall’INAIL riguarda l’ipoacusia professionale, una malattia che prevede la diminuzione dell’udito causata dall’esposizione prolungata a forti rumori.

I maggior danni creati da questa malattia sono nati parallelamente al boom economico del settore tessile. Le principali colpe che sono state imputate a questo settore sono:

  • l’alto numero di decibel prodotti dalle macchine in produzione
  • l’esposizione prolungata al rumore
  • il mancato utilizzo dei DPI per l’udito.

Tutto questo ha fatto sì che a Prato, oggi, la maggior parte dei nonni di ragazzi della “generazione Z e Millennial”, si vedano costretti a indossare apparecchi acustici oppure ad avere gravi difficoltà uditive.

Ecco perché, a seconda dei decibel prodotti da un’impresa, devono essere rispettate alcune regole:

  • < 80 decibel: Il datore di lavoro non ha obblighi.
  • Tra 80 e 85 decibel: L’impresa deve mettere a disposizione dei lavoratori i DPI (cuffie, archetti e/o tappi) e redigere il DVR.
  • Tra 85 e 87 decibel: Il datore di lavoro deve far indossare obbligatoriamente i DPI ai lavoratori e deve delimitare l’area con la segnaletica.
  • > 87 decibel: Superata la soglia limite, il datore di lavoro deve abbassare il livello di decibel con interventi mirati, circoscrivendo l’area di lavoro, acquistando attrezzature meno rumorose e attivare tutte le manutenzioni necessarie.

Sebbene negli ultimi anni la situazione nelle imprese tessili sia migliorata, alcuni lavoratori continuano a presentare resistenza all’utilizzo dei DPI. Le scuse sono le più varie: “sono fastidiosi”, “abbiamo sempre fatto così”, “non è mai successo niente”, ecc.

La domanda da farsi è: nel futuro, sarebbe meglio mettersi le cuffie o l’apparecchio acustico per ascoltare una bella canzone?

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Articolo di Lorenzo Presenti

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