Prima di tutto un po’ di termini medici: quanti ma soprattutto quante di voi sanno definire la “dismenorrea”?
Chi ne ha a che fare o conosce qualche donna che ne soffre sa che tale termine si riferisce alla mestruazione dolorosa, accompagnata principalmente da amarissimi crampi addominali. Tale disturbo rende molte donne incapaci di svolgere le loro quotidiane attività lavorative e non. Pensate addirittura che il dolore da crampo mestruale dicono sia molto simile a quello percepito negli attacchi cardiaci.
Cosa c’entra, tuttavia, la dismenorrea con la sicurezza e salute sul lavoro? La Period Policy è il collegamento!
La Period Policy altro non è che il congedo mestruale. Esatto, avete letto bene: in alcuni paesi del mondo esiste il congedo mestruale pagato!
Le donne meritano il “privilegio” di restare a casa in malattia i giorni delle mestruazioni quando i crampi sono così dolorosi da impedire la normale attività quotidiana e lavorativa?
Questa questione spacca l’opinione pubblica:
A questa seconda categoria di pensiero appartiene Bex Bexter, direttrice dell’azienda inglese Coexist di Bristol: Bex è fermamente convinta che nessuno debba lavorare quando non si sente bene e ha perciò introdotto il “congedo mestruale” per le sue dipendenti.
«Esiste la convinzione sbagliata – dice la Bexter – che prendersi del tempo dal lavoro sia improduttivo per il business, ma qui si tratta di sincronizzare il lavoro con il ciclo naturale del corpo, di spingere le persone a sentirsi al massimo. Se si lavora a ritmo naturale, la creatività e l’intelligenza sono più attive e questo è un bene anche per l’attività».
La “Period Policy”, che qui appare come una novità per le donne europee, in realtà per le donne del mondo orientale, esiste dal Secondo dopoguerra.
In Giappone dal 1947 infatti le donne possono usufruire del Seirikyuuka, letteralmente tradotto in “congedo fisico”.
In Taiwan, Indonesia e Sud Corea il congedo mestruale risale ad inizio secolo.
Asia e anche la Russia appoggiano quindi il congedo mestruale.
Per ora solo la Gran Bretagna si sta muovendo nell’offrire alle lavoratrici questa opportunità ma per le altre donne europee?
Chi vivrà, vedrà.