Durante un’attività di formazione sulla sicurezza sul lavoro presso un’azienda, dopo aver ricordato che il lavoratore ha il dovere di rifiutarsi di svolgere attività che lo espongano ad un pericolo reale senza le adeguate procedure ed idonei dispositivi di protezione individuali, mi è stata posta una domanda che frequentemente viene rivolta.
La domanda era le seguente: “dato che il mio contratto scadrà tra un mese e che forse mi verrà rinnovato per altri tre mesi, come faccio a rifiutarmi di svolgere un lavoro pericoloso senza andare incontro ad un mancato rinnovo del contratto?”
Inizierei ricordando l’articolo 1 della Costituzione Italiana
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”
La politica negli ultimi anni ha lavorato molto per semplificare la vita degli imprenditori, ammorbati da sindacalisti e diritti dei lavoratori, che impediscono la concorrenzialità con paesi dove questi DIRITTI non esistono, riuscendo a venderci la flessibilità lavorativa come la soluzione, generando come “scoria” il fenomeno del PRECARIATO.
Il termine PRECARIATO, nell’utilizzo comune, denota la presenza di due fattori principali:
Il termine spesso viene utilizzato anche in riferimento al cosiddetto lavoro nero e al fenomeno degenerativo della flessibilità lavorativa generalmente costituita da determinati contratti di lavoro (contratto di lavoro a tempo parziale, contratti a tempo determinato, somministrazione di lavoro, lavoro parasubordinato). In generale il termine precariato viene accostato alla compressione del diritto del lavoratore dentro gli schemi del mercato del lavoro e limitazione, quando non violazione, dei diritti d’associazione sindacale. In particolar modo il precariato intacca la qualità della vita in termini di progettualità personale e sociale.
Grazie all’introduzione del trend sulla flessibilità lavorativa, il datore di lavoro ha acquisito un potere subdolo, quello di far passare al lavoratore il messaggio che gli si stia facendo un favore a farlo lavorare e quindi stare fuori dal precariato. Questo trend, inevitabilmente, porta molto potere al datore di lavoro e ai dirigenti, forti di non rinnovare il contratto a quei soggetti che creano “complicazioni” all’azienda, generando inevitabilmente una serie di problematiche sociali.
La domanda sorge spontanea, di quali problemi parliamo, e soprattutto cosa c’entra la sicurezza sui luoghi di lavoro?
La risposta a questa domanda non la si può dare in due battute, ma purtroppo, nonostante il D.lgs. 81/08 all’Art. 18 D.Lgs.81/08 – “il Datore Di Lavoro richiedere l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione”, nella vita quotidiana, il lavoratore che si rifiuta di svolgere un’operazione pericolosa mettendo a repentaglio la sua salute, rientra molto probabilmente tra quei lavoratori problematici a cui non verrà rinnovato il contratto.
Una conclusione di questo genere si muove in senso opposto a quanto riportato anche all’interno dell’articolo 32 della Costituzione Italiana.
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
In conclusione, quindi, il problema non riguarda solo i lavoratori, ma riguarda tutti, dato che l’economia si muove con persone che lavorano, ricordando che la formazione e l’integrità morale dei datori di lavoro sono doti fondamentali per essere buoni imprenditori e non parassiti sociali.