Chi d’Inverno non ha consumato un caffè nel dehor di un bar sotto il riscaldamento delle lampade ad infrarossi?
Sicuramente negli ultimi anni abbiamo notato sempre più la presenza di questa tipologia di riscaldamento ad infrarossi nei bar, nei luoghi di ritrovo all’aperto, negli uffici e nelle chiese capaci di creare un microclima caldo permettendo l’utilizzo di tutti gli spazi a servizio dell’attività, sia essi all’aperto che di grandi dimensioni, per tutto l’anno.
Anche la pubblicità attraverso opuscoli e siti web ha giocato il suo ruolo mostrando il tipico impiego per il riscaldamento dei clienti nei locali di ristorazione.
Alla luce del crescente utilizzo di queste apparecchiature un gruppo di lavoro dell’ASL di Siena ha eseguito un’indagine al fine di stimare il rischio di esposizione dei lavoratori a quanto prescritto dal D.lgs. 81/2008 Titolo VIII Capo V (Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche artificiali) e i possibili rischi per gli avventori che accedono ai luoghi dove sono installate le lampade.
La valutazione ha riguardato alcune tipologie di lampade ad infrarossi che usano lampade alogene con potenza nominale compresa tra 1000 W e 2000 W installate a parete o a soffitto in bar e ristoranti.
Dal punto di vista normativo ricordiamo che la Direttiva UE 25/2006 (Direttiva del Consiglio sulle norme minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici) recepita dal Titolo VIII capo V del D.lgs. 81/08 fissa specifici limiti per esposizione oculare a radiazione Infrarossa.
Tali limiti rappresentano il valore di esposizione al di sopra del quale il rischio è inaccettabile per un soggetto esposto, per possibile insorgenza di danno termico corneale o di progressiva perdita di trasparenza del cristallino.
Dall’esito delle valutazioni eseguite con opportuna strumentazione è risultato che la maggior parte delle lampade ad infrarossi comportano una emissione di radiazioni ottiche artificiali elevata nella regione infrarossa dello spettro (IR-A).
Il danno principale è a carico degli occhi in quanto possono bastare poche decine di secondi o qualche minuto ad una distanza di circa 80 cm per provocare l’ustione della cornea o un principio di cataratta.
Le misure di prevenzione al rischio di esposizione oculare a radiazione infrarossa che possiamo individuare riguardano il mantenimento di una distanza di sicurezza che può variare da 1 metro a 3 metri per rendere innocua la radiazione. Purtroppo mantenere tali distanze non è sempre possibile a causa della struttura dei locali e della mancata efficacia di riscaldamento di tali attrezzature.
Ma l’attività di prevenzione attraverso l’informazione a cura del produttore ci informa delle distanze di sicurezza o dei rischi a cui posso andare incontro?
Purtroppo no, dall’analisi dei manuali di uso dei riscaldatori ad infrarossi oggetto della valutazione non sussiste alcuna informazione riguardante i rischi connessi dall’esposizione alle radiazioni ottiche, né tantomeno ci possiamo immaginare una pubblicità di tale prodotto che ci presenta il bene come un pericolo per la salute e la sicurezza.
Nell’ambito della valutazione dei rischi le informazioni fornite a corredo dei riscaldatori non forniscono al Datore di Lavoro o all’utilizzatore in generale i riferimenti necessari per valutare il rischio di esposizione a ROA come previsto dagli artt. 17, 28, 181, 216 del D.lgs. 81/2008.
In conclusione speriamo nell’introduzione di normative specifiche che possano regolamentare l’immissione in commercio e una trasparenza dei dati tecnici di queste apparecchiature e nell’attesa noi lavoratori e avventori di bar e ristoranti manteniamo una distanza di sicurezza dai riscaldatori ad infrarossi.
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