Vi siete mai chiesti fin dove si spinge la sicurezza? Noi sì, e vogliamo andare a fondo!
Ci sono attività lavorative, come quelle che avvengono durante le immersioni subacquee, che sono evidentemente soggette a molti rischi per l’incolumità degli operatori, ma di cui raramente si parla nei convegni e nei documenti ufficiali pubblicati dagli enti preposti alla promozione della prevenzione nei luoghi di lavoro.
Fortunatamente in questi ultimi anni il tema ha cominciato a permeare incontri e ricerche. Ad esempio è stata validata il 27 novembre 2013 una buona prassi relativa allo svolgimento in sicurezza delle attività subacquee di Ispra e delle Agenzie Ambientali. Si sono tenuti alcuni convegni ed è stato affrontato il tema degli28 operatori subacquei scientifici e degli operatori impegnati in attività lavorative subacquee industriali, cercando di individuare un sistema di responsabilità, funzioni, valutazioni e procedure in grado di ridurre il rischio.
E si è parlato della norma UNI 11366 “Sicurezza e tutela della salute nelle attività subacquee ed iperbariche professionali al servizio dell’industria – Procedure operative”. Norma che definisce criteri e modalità per l’esecuzione delle attività subacquee ed iperbariche professionali, con riferimento alle caratteristiche delle attrezzature e degli equipaggiamenti utilizzati e ai requisiti di natura professionale che deve possedere il personale coinvolto.
Al di là di questi accenni all’attività subacquea scientifica e industriale, si è affrontato il tema della salute e sicurezza del lavoro nello svolgimento di attività di pesca subacquea professionale del corallo.
A rispondere parzialmente a queste domande è il recente Interpello n. 12/2015 del 29 dicembre 2015 che ha per oggetto la “risposta al quesito relativo all’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro nello svolgimento di attività di pesca subacquea professionale del corallo”.
In realtà alla Commissione Interpelli, prevista dall’art. 12 del D.Lgs. 81/2008, sono pervenute più richieste, raccolte in questo interpello, da parte dell’Associazione Imprese Subacquee Italiana (AISI).
L’interpello ricorda innanzitutto che l’attività della pesca del corallo “risulta assoggettata a disposizioni specifiche regolamentanti la pesca subacquea professionale”, ad esempio:
– Decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n. 1639 – “Regolamento per l’esecuzione della legge 14 luglio 1965, n. 963, concernente la disciplina della pesca marittima”;
– Decreto Ministeriale 20 ottobre 1986 – Disciplina della pesca subacquea professionale;
– Decreto Ministeriale 1 giugno 1987, n. 249 – Norme per la pesca subacquea professionale e per la salvaguardia e la sicurezza dei pescatori subacquei.
Norme che prescrivono “per lo svolgimento dell’attività il possesso di uno specifico brevetto tecnico, l’iscrizione in appositi registri e altre disposizioni”. Norme che – continua l’interpello – “sia pur finalizzate alla sicurezza e salvaguardia in mare dei pescatori subacquei sia professionali o sportivi esulano dall’ambito di competenza di questa commissione che può esprimersi esclusivamente su quesiti di ordine generale inerenti l’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro”.
Tuttavia sul tema della sicurezza la Commissione Interpelli chiarisce che “le disposizioni applicabili al settore della pesca professionale del corallo – svolgendosi tale attività in mare e non a bordo – sono da ricondurre non allo specifico campo di applicazione del D. Lgs. 271/1999, che disciplina la normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali, ma al generale campo di applicazione del D. Lgs. n. 81/2008”.
E dunque da questo importante chiarimento consegue, ad esempio, che “nella pesca del corallo le attrezzature ed i DPI da utilizzare devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III” del Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Riguardo al tema rilevante della valutazione dei rischi e delle relative misure di tutela da adottare da parte dei datori di lavoro per annullare o ridurre i rischi degli operatori, “rientrando l’attività professionale della pesca del corallo nell’elenco dei lavori comportanti rischi particolari per la sicurezza e la salute dei lavoratori di cui all’allegato XI del d.lgs. n. 81/2008, ne deriva che pur in assenza di una norma tecnica specifica per la pesca del corallo il datore di lavoro è in ogni caso tenuto ad adottare tutte le misure di tutela in grado di ridurre al minimo i rischi particolari per la salute e la sicurezza dei lavoratori connessi allo svolgimento dell’attività”.
E, infine, la Commissione segnala che la specifica norma tecnica UNI 11366, benché riguardi lo svolgimento di una diversa modalità lavorativa subacquea industriale, “anche se non connotata da obbligatorietà può costituire un utile riferimento di buona regola a cui riferirsi per ridurre il livello di rischio e per garantire la sicurezza operativa da parte delle barche appoggio ai pescatori subacquei impegnati nell’attività di pesca del corallo”.