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Con l’introduzione del Decreto Legislativo 81/2008, il Testo Unico della sicurezza sul lavoro, si era celebrata una vera e propria rivoluzione rispetto alle precedenti normative che riguardavano la salvaguardia della sicurezza e della salute delle persone sul posto di lavoro, in virtù di un nuovo principio “prevenzionistico” che aveva accompagnato la stesura di questo importante testo normativo e che spostava l’attenzione su una cultura di prevenzione del rischio, di eliminazione o riduzione al minimo di questo, nei confronti di una cultura risarcitoria.

All’interno del testo si era fusa infatti tutta la normativa che negli anni si era susseguita nei riguardi della protezione del lavoratore, inteso primariamente nella sua accezione più importante, come persona fisica. Il decreto è stato così largamente osannato dalle parti sociali da essere considerato il “testo unico” sulla sicurezza e salute dei lavoratori non solo nella sostanza, ma anche nella pratica, attraverso l’applicazione di normative più stringenti a tutte le aziende, soprattutto le medie piccole imprese, vere protagoniste del tessuto sociale Italiano e fino ad allora totalmente estranee rispetto all’applicazione delle normative antinfortunistiche.

Analizzando il periodo storico, fa specie che a dare il via a questa “rivoluzione” normativa sia stato un evento catastrofico come quello della Thyssenkrupp che aveva mostrato tutte le falle di un sistema che si basava sulla prevenzione dai rischi solo nella teoria ma non nella pratica; quello che più appare è proprio la necessità di un evento clamoroso affinché l’opinione pubblica sposti il suo interesse nei confronti della sicurezza e salute sul lavoro e soprattutto nei riguardi della salvaguardia del lavoratore; il sistema ha cercato quindi di unificare sotto un’unica ala tutti quegli aspetti che riguardano ruoli e responsabilità in tema di sicurezza sul lavoro all’interno delle aziende delineandone le responsabilità civili e penali ed inasprendone le pene. La vera novità del testo è quindi responsabilizzare l’asse aziendale, delineando quelli che sono le responsabilità in materia di salute e sicurezza sul lavoro, dal Datore di lavoro, vero destinatario degli obblighi, insieme a tutti gli organi delegati da questo, con un complesso sistema di prevenzione e protezione interno all’azienda, formato da più figure che fungano da raccordo tra le funzioni dirigenziali e i singoli lavoratori, veri fruitori di tutto il sistema prevenzionistico.

A 10 anni dall’applicazione del Testo Unico c’è da chiedersi dunque se questo complesso sistema prevenzionistico abbia effettivamente sortito gli effetti voluti dal Legislatore, andando ad influire positivamente sulle condizioni di lavoro del nostro Paese. Leggendo i numeri degli infortuni e delle morti bianche presenti ad oggi nel nostro paese il bilancio è alquanto preoccupante, dunque ci si deve domandare se è il Testo Unico che non ha funzionato, o sono le norme ivi contenute che non sono state efficacemente recepite da parte delle parti datoriali e, di conseguenza, dei lavoratori?

Consideriamo inoltre che il Testo Unico, memore del momento concitato di emanazione, approvato in seguito alla caduta del Governo e a camere sciolte, ha subito nel corso degli anni diversi correttivi al testo originale che hanno sottolineato la problematica dei tanti errori materiali e tecnici che erano presenti nella prima stesura. Integrazioni che rispondono ad un principio di semplificazione di adempimenti e procedure ma che il più delle volte sono state più apparenti che reali, rischiando per un verso di comportare pericolose riduzioni di livelli di tutela per i lavoratori, e per l’altro verso di non alleggerire affatto la gravosità dei compiti datoriali.

Si pensava, a questo punto, che dopo l’introduzione di un articolato sistema normativo così specifico nei confronti degli adempimenti, degli obblighi e dei doveri e delle responsabilità legate alle inadempienze di questi, si fosse arrivati ad una situazione in cui la consapevolezza dei rischi cui sono esposti i lavoratori e delle conseguenze a cui sono esposti i Datori di lavoro, avesse creato quel “circolo virtuoso” affinché una azienda potesse essere considerata “sicura” o quantomeno priva di rischi legati alla sicurezza e alla salute sul luogo di lavoro.

Purtroppo la situazione delineata ad oggi non è in miglioramento, anche se i passi in avanti ci sono stati e si sono notati nel corso del tempo. La tendenza è sempre quella del “minimo indispensabile” in ordine agli adempimenti sulla sicurezza e troppo spesso problemi di tale natura sono considerati in secondo piano dalle logiche aziendali e produttive.

E’ molte volte riguardo ai fatturati infatti che il valore della sicurezza e della salute delle persone passa inosservato, perché sono molte le aziende che preferiscono coniugare produttività, innovazione e ottimizzazione dei costi a discapito di misure di prevenzione e protezione che, come abbiamo potuto notare dal 2008 in poi, portano i loro frutti solo svariati anni dopo, non fornendo un riscontro immediato in termini economici, anzi, normalmente portando un costo ulteriore alle aziende che, in questo caso, preferiscono investire in settori più redditizi.

L’impronta che il Testo Unico portava sé era una visione di cambiamento, di inversione di tendenza di quella cultura prettamente Italiana che fin ora aveva espletato la sua inefficacia nei riguardi della salvaguardia della salute e della sicurezza attraverso le tragedie che si erano susseguite negli anni: sulla carta un cambiamento epocale dato dalla fusione di tutte quelle norme che per anni si erano prodigate nella salvaguardia di un valore importante come la vita umana, ma nella sostanza una cattiva ricezione di queste sia da parte dei soggetti preposti ad applicare le norme, sia dai soggetti destinate a recepirle.

Un bilancio dopo 10 anni è utile per riassumere le problematiche ed i passi avanti che sono stati fatti rispetto al passato e per non compiere di nuovo gli stessi errori; sotto questo punto di vista c’è da dire che la situazione, soprattutto nella piccola-media impresa è notevolmente migliorata e che le figure che ruotano attorno ai servizi di prevenzione e protezione hanno fornito quelle competenze necessarie per adottare un sistema quantomeno in linea con le richieste fornite dal Legislatore, cercando di fornire spunti di miglioramento continui.

Permane però la tendenza del nostro Paese ad una burocrazia sconfortante che si ripercuote notevolmente sulle norme a supporto delle quali vi dovrebbe essere invece una totale cultura della ricezione positiva. Bisognerebbe dunque fornire adeguati strumenti di snellimento normativo affinché queste norme vengano non solo recepite ed applicate, ma che siano comprese non solo come imposizioni normative, ma come i mezzi con i quali diffondere una cultura della sicurezza che pervada tutta la catena produttiva, dai Datori di lavoro, ai dirigenti, ai singoli lavoratori.

 

Raffaello Carlucci

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